Canti veneziani

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Il poeta Gianfranco Trabuio ci propone una provocazione e ci schiaffeggia il viso con il guanto della sfida: dite, lettori, siete o non siete anche voi rapiti da questa città millenaria che obnubila le regole ed acuisce il sentire?

AUTORE: GIANFRANCO TRABUIO

 

Il poeta Gianfranco Trabuio ci propone una provocazione e ci schiaffeggia il viso con il guanto della sfida: dite, lettori, siete o non siete anche voi rapiti da questa città millenaria che obnubila le regole ed acuisce il sentire?
Chi è stato a Venezia anche solo una volta nella sua vita non può essere rimasto indifferente ai profumi distillati da secoli di abitudini bizzarre agli occhi degli abitanti della terraferma, non può essere rimasto cieco ai colori sempre cangianti di una città che sorge dalle spume del mare come una novella Venere e poco hanno a che fare con i rassicuranti toni della campagna, non può non aver notato la cantilena dei suoi abitanti che pigramente segue le maree della laguna, non può non aver avvertito la vibrante emozione data dal tocco dei suoi marmi policromi: questa città, come una divinità antica, chiama a sé i suoi seguaci, li vuole, li cerca, li seduce e li conquista.
Il poeta ne entra a pieno titolo nel novero e senza pudore ammette la sua sconfitta: Venezia l’ha preso con un assedio facile ed essa non dimostra intenzioni di restituirgli libertà ma egli non se ne cruccia e utilizza l’incantesimo ipnotico di cui è vittima per cantare il gentile giogo che questa città ha posto attorno al suo collo, come una corona di fiori colti nei nascosti recessi di giardini segreti.

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